Plusvalenza immobiliare

Che cos’è la plusvalenza?

Si crea plusvalenza quando un immobile viene acquistato ad un dato prezzo e viene venduto, nei cinque anni successivi, ad un prezzo superiore.

Questa differenza di valore viene tassata dalla Stato e può essere pagata tramite tassazione IRPEF in base allo scaglione IRPEF di chi vende in sede di denuncia dei redditi oppure può essere riconosciuta con imposta sostitutiva del 26%, direttamente in sede di atto notarile quando si sta vendendo il bene.

Esempio pratico per capirci subito: acquisto un bilocale a 150.000 euro, dopo 3 anni lo rivendo a 200.000 euro. Ho avuto un guadagno di 50.000 euro. Questa plusvalenza può essere soggetta a tassazione IRPEF oppure, durante la vendita, pago l’imposta sostitutiva del 26 % al notaio, quindi la mia plusvalenza è pari a 13.000 €.

Quali spese inserire per diminuire la plusvalenza?

Per poter diminuire la plusvalenza, c’è la possibilità di inserire tutte le spese e i costi sostenuti per quell’immobile.
Alcune spese sono:

–        Le spese notarili sostenute allatto di acquisto, imposte comprese (imposta di registro, ipotecaria, catastale e IVA)

–        Le spese per ristrutturazione o manutenzione straordinaria;

–        le spese di intermediazione, nel caso in cui l’acquisto fosse avvenuto tramite agenzia immobiliare

Quando non si paga la plusvalenza?

C’è un caso in cui non bisogna pagare la plusvalenza nonostante si sia avuto un guadagno derivante dalla vendita del bene e nonostante non siano ancora trascorsi 5 anni tra l’acquisto e la vendita.

E’ il caso in cui l’immobile sia stato utilizzato per la maggior parte del tempo ( tempo intercorso tra acquisto e vendita) come abitazione principale dal cedente o dai suoi familiari.

Cosa si intende per abitazione principale?

L’abitazione principale è quel luogo dove ho dimorato per la maggior parte del tempo e posso dare prova di ciò attraverso la residenza, con l’esibizione delle utenze, con la domiciliazione di conto correnti bancari, etc…

 

Il permesso di costruire

Il permesso di costruire, ha sostituito la concessione edilizia, e deve essere richiesto ogni qualvolta si vadano a fare delle trasformazioni edilizie o urbanistiche nel territorio.
Alcuni esempi sono: nuova costruzione, modifiche con aumento di superficie, volumetria o cambio di destinazione d’uso.
TEMPISTICHE DEL PERMESSO DI COSTRUIRE 
A differenza degli altri titoli abilitativi il permesso di costruire ha dei limiti più serrati in riferimento alle tempistiche.
I lavori devono iniziare entro 1 anno dalla data di rilascio del permesso e terminare entro 3 anni dall’inizio dei lavori.
Decorsi tali termini, il Permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne se, prima della scadenza, viene richiesta una proroga.
COSTI RELATIVI AL PERMESSO DI COSTRUIRE 
Il rilascio del permesso di costruire comporta il pagamento del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione.
Il costo di costruzione è un importo dovuto al Comune per il fatto che lo stesso vi permette di edificare nel territorio ed è una percentuale rispetto ai costi di costruzione o dell’intervento.
Gli oneri si urbanizzazione sono una sorta di partecipazione del cittadino alle spese di Urbanizzazione del comune e si dividono in oneri principali e in oneri secondari.
In entrambi i casi si può richiedere lo scomputo degli oneri, andando a realizzarli in prima persona. Di solito il Comune richiede una fideiussione assicurativa per tutelarsi circa il lavoro che dovrà essere eseguito.
Altri costi da tener presenti sono:
COSTO DEL PROFESSIONISTA che si occuperà del progetto, della direzione lavori e di tutta la parte burocratica inerente il permesso di costruire
DIRITTI DI ISTRUTTORIA e di SEGRETERIA che variano da comune a comune e in base alla superficie utile interessata dall’intervento.
https://youtu.be/PsGvdzipUe8

SCIA: segnalazione certificata inizio attività

La SCIA, segnalazione certificata di inizio attività, è stata introdotta dalla Legge 122 del 2010 e aveva sostituito il titolo abilitativo di allora, la  DIA (ora la DIA non esiste più).
La SCIA viene richiesta quando:
–         si devono fare dei lavori nelle parti strutturali degli edifici oppure nel singolo immobile es: la realizzazione di una scala interna;
–        per andare a modificare la sagoma o la facciata es: quando si va a sostituire una finestra con una porta finestra;
–        per aumentare il numero delle unità immobiliari quando c’è incremento dei parametri urbanistici
–        bisogna fare una variante al permesso di costruire.
Semplificando la differenza tra la CILA e la SCIA è che la SCIA interviene sugli elementi strutturali ( muri portanti, pilastri, solai, travi) e necessita di un progetto redatto da un ingegnere e depositato al Genio Civile ( l’ente dove vengono depositati i calcoli strutturali degli edifici).
Chi può presentare la SCIA? 
La Scia può essere presentata da:
o   proprietario;
o   comproprietario con l’assenso degli altri proprietari;
o   usufruttuario o nudo proprietario;
o i soggetti delegati dai precedenti
È giusto farvi una precisazione: la domanda viene fatta a nome dei soggetti sopracitati ma normalmente viene protocollata dal tecnico incaricato.
Fasi, durata e tempi della SCIA.
Prima di presentare qualsiasi titolo abilitativo consiglio sempre di fare l’ accesso agli atti al Comune per conoscere i titoli precedentemente depositati in Comune e solo allora presentare la nuova pratica.
I tempi per ottenere la documentazione variano dalle 2 settimane nei Comuni più piccoli ai 5 mesi nei Comuni più estesi.
Durante l’attesa della documentazione, il professionista inizierà a predisporre il progetto in maniera che al reperimento dei documenti già presenti al Comune, si possa protocollare la SCIA.
Dopo aver protocollato la SCIA i lavori possono iniziare in maniera contestuale ma il comune ha 60 giorni di tempo per verificare il progetto e richiedere integrazioni oppure richiedere l’interruzione dei lavori.
La Scia ha una validità di tre anni dalla presentazione e questa data può essere prorogata, prima della scadenza, per giustificati motivi.
Costi della SCIA
Il costo della SCIA è dato da:
– gli onorari dei tecnici per le pratiche urbanistiche, catastali, strutturali, impiantistiche, energetiche
– costi relativi ai lavori che si dovranno effettuare;
– i diritti di segreteria e di istruttoria ( variano da Comune a Comune in base alla tipologia di intervento)
– oneri di urbanizzazione ( non sempre sono dovuti ma dovete verificare se il progetto li richiede o meno)

 

Cila in sanatoria

Buongiorno tutti e ben ritrovati.
Nei precedenti articoli ho trattato i titoli abilitativi in generale e vi ho spiegato cosa fosse possibile fare senza richiedere alcun titolo abilitativo al Comune e cosa fosse la CILA (il titolo abilitativo che ci permette di realizzare i lavori straordinari).

Oggi continuiamo a parlare della CILA e della sua possibilità di regolarizzare abusi edilizi minori (ovvero i lavori che sono stati realizzati ma non sono stati denunciati al Comune).

☑️ La CILA in SANATORIA permette di sanare tutti gli abusi edilizi minori, quali: spostamenti o eliminazione di muri divisori interni ( non portanti) e aperture di porte tra una stanza e un’altra;
 
🚫 Con la CILA IN SANATORIA, però, non si possono sanare verande, terrazze, variazioni d’uso o variazioni di prospetti.
🔴 𝗖𝗵𝗶 𝗿𝗲𝗱𝗶𝗴𝗲 𝗹𝗮 𝗖𝗜𝗟𝗔 𝗶𝗻 𝘀𝗮𝗻𝗮𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮?
 
Dev’ essere fatta da un tecnico privato ( Geometra, Ingegnere o Architetto) che farà dapprima un accesso agli atti presso l’ufficio tecnico del Comune dove è sito l’immobile e poi presenterà il progetto con le modifiche che sono state fatte e non dichiarate.
 
🔴 𝗦𝗶 𝗽𝘂ò 𝘀𝗮𝗻𝗮𝗿𝗲 𝗾𝘂𝗮𝗹𝘀𝗶𝗮𝘀𝗶 𝗺𝗼𝗱𝗶𝗳𝗶𝗰𝗮?
 
No, si possono sanare solo le opere che hanno una DOPPIA CONFORMITÀ’.
 
🔴 𝗖𝗼𝘀𝘁𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗖𝗜𝗟𝗔 𝗶𝗻 𝘀𝗮𝗻𝗮𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮
 
Il costo della pratica deve tener conto di due componenti: l’onorario del tecnico e l’importo da corrispondere al Comune chiamata sanzione pecuniaria.
 
La sanzione pecuniaria intera è pari a 1000 euro e può essere ridotta a 333 euro nel caso di autodenuncia dei lavori nel momento stesso in cui si stanno facendo.
Per visionare il video integrale: 
🎥 https://youtu.be/d1yIpTd7GMI

 

CILA: il titolo necessario per le modifiche interne

Buongiorno a tutti.

nei precedenti due articoli ho trattato i titoli abilitativi in generale e vi ho  spiegato cosa sarebbe stato possibile fare senza chiedere alcuna autorizzazione al Comune.

Oggi parliamo del titolo abilitativo maggiormente utilizzato.
Si chiama CILA (Comunicazione inizio lavori asseverata). Essa viene asseverata dal tecnico che presenta la pratica,  ed è una comunicazione da inviare al Comune per poter fare i lavori di manutenzione straordinaria che non modificano la struttura dell’edificio.

Alcuni esempi pratici su  dove si potrebbe utilizzare la CILA sono:
–        Ristrutturazione di interni, quindi spostamento del muro di divisione tra due stanze o la sua eliminazione (ovviamente non si possono spostare o modificare i pilastri o i muri strutturali).

Per intenderci:  generalmente un muro strutturale ha uno spessore di 30 cm mentre il tramezzo di divisione tra due stanze ha uno spessore di 10 cm.

Quindi con questo titolo si può togliere il muro di separazione tra soggiorno o cucina, si può realizzare un antibagno, si può allargare la sala a discapito della camera da letto ( ovviamente è necessario rispettare le disposizioni inerenti la superficie minima richiesta per ogni singola stanza e il rapporto aeroilluminante)

Cos’altro si può fare con la CILA?
–        Si possono fare delle aperture o chiusure tra i due vani ( per creare o chiudere porte interne);

Per quanto concerne la PRESENTAZIONE e le TEMPISTICHE DELLA CILA dobbiamo dire che la CILA è esecutiva già nel momento stesso in cui viene presentata al Comune. Questo significa che i lavori possono iniziare in contemporanea alla sua presentazione ma

C’è un ma 😉 Il comune ha 30 giorni di tempo per chiedere integrazioni al progetto presentato oppure sospendere i lavori. Se dopo 30 giorni non avete ricevuto alcuna comunicazione significa che il progetto è conforme alla normativa.

Al termine dei lavori il tecnico che ha seguito il progetto e i lavori deve comunicare la fine lavori al comune e presentare la nuova planimetria al Catasto per aggiornare la precedente.

Per quanto concerne i COSTI  di una CILA: non ha costi per la presentazione ma solo i diritti di segreteria ( ogni comune ha il suo formulario ma non sono assolutamente elevati) e il costo di un tecnico ( ovviamente varia in base al tipo di intervento che bisogna realizzare)
.
Vi anticipo che la CILA può andare a regolarizzare i lavori che sono stati fatti o sono attualmente in corso  senza aver richiesto nessuna autorizzazione al comune.


Senza la regolarizzazione si tratta di abusi e nel prossimo articolo andremo a vedere come si possono sanare onde evitare complicazioni.


Ora, se dovete fare uno dei lavori sopracitati oppure sono stati fatti senza presentare nulla al Comune e volete regolarizzarli prima della vendita o dell’affitto dell’immobile, chiamatemi o scrivete nei commenti e valutiamo assieme gli step da fare

Per visionare il video: https://youtu.be/oIDkMcQxoPE

Buon lavoro a tutti

𝗟𝗮𝘃𝗼𝗿𝗶 𝗶𝗻 𝗰𝗮𝘀𝗮: 𝗾𝘂𝗮𝗹𝗶 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝘃𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗳𝗮𝗿𝗲 𝘀𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗰𝗼𝗺𝘂𝗻𝗶𝗰𝗮𝗿𝗲 𝗻𝘂𝗹𝗹𝗮 𝗮𝗹 𝗖𝗼𝗺𝘂𝗻𝗲

La burocrazia italiana spesso prende il sopravvento e, per la maggior parte delle persone, non risulta molto chiaro quali siano gli interventi che si possono fare in casa senza dover essere autorizzati dal Comune.

Vediamo il primo titolo abilitativo. Si chiama CIL ovvero COMUNICAZIONE INIZIO LAVORI.
Con questo titolo è possibile realizzare tutti gli interventi di edilizia libera.

Quali sono gli interventi di edilizia libera?

Sono  interventi di manutenzione ordinaria:

  • le tinteggiature interne;
  • le sostituzioni di pavimenti, sanitari o impianti;
  • le tinteggiature delle facciate ( senza modifiche e per “senza modifiche ” intendo che non si può cambiare nemmeno il colore)  e sempre che le impalcature non servano o non occupino suolo pubblico.
  • gli interventi volti all’eliminazione delle barriere architettoniche (purché non si alteri la sagoma dell’edificio).

A febbraio del 2018 è stato approvato il Decreto delle Infrastrutture-Semplificazioni che contiene un elenco di tutti i lavori che si possono fare in casa senza bisogno di presentare nulla al comune e dei lavori che possiamo fare dandone comunicazione.

Un caso che spesso causa difficoltà interpretative riguarda le tensostrutture e i gazebo.

Le tensostrutture sono quelle opere realizzate con materiali mantenuti in posizione tramite tensione come, ad esempio, teli e plastica per capannoni e serre.

Per poter installare una tensostruttura o un gazebo dovete dare comunicazione al Comune.  Tali strutture devono essere removibili e temporanee ( ovvero avere una durata inferiore a 90 giorni) .

Invece, per la loro manutenzione, la riparazione o la rimozione non occorre dare alcuna comunicazione al Comune.

Per visionare il video: https://youtu.be/eMqAy99S2Ek

Titoli abilitativi in edilizia: schema generale

Cosa sono i titoli abilitativi?

Sono gli strumenti di cui dispongono le amministrazioni ( in particolare le amministrazioni comunali) per disciplinare la realizzazione o modifica delle opere edilizia e in particolare hanno lo scopo di:

  • verificare la conformità dei relativi progetti rispetto agli strumenti urbanistici esistenti
  • prescrivere modi e tempi per la realizzazione delle opere edilizie;
  • imporre il pagamento di eventuali oneri

Attualmente ne esistono 4+1. Ora ve li elenco e nei prossimi articoli andrò a spiegarvi nel dettaglio ogni singolo titolo abilitativo.

Vi ho detto 4 + 1 perché il primo non è un vero e proprio titolo abilitativo.

Il primo titolo abilitativo è il CIL , comunicazione di inizio lavori in edilizia libera e non si tratta di un vero e proprio titolo abilitativo perchè non occorre presentare nulla all’amministrazione. Ovviamente i lavori che si possono fare sono molto limitati.

Gli altri titoli abilitativi sono:

  • CILA: comunicazione inizio lavori asseverata
  • SCIA: segnalazione certificata di inizio attività
  • Super SCIA: segnalazione certificata di inizio attività alternativa al permesso di costruire
  • PdC: permesso di costruire

 

Unità immobiliare urbana: cos’è e come viene individuata al catasto

L’unità immobiliare urbana, avente come acronimo U.I.U., è una porzione di fabbricato ( appartamento sito in un palazzo), un intero fabbricato ( scuola, box auto) o un insieme di fabbricati ( ospedale, ufficio pubblico)  che abbiano la stessa intestazione catastale e abbiano autonomia reddituale, ovvero possano produrre reddito.

Ciascuna u.i.u. viene individuata in maniera univoca con tre elementi: fogliomappale ( chiamato anche particella) e subalterno.

A volte il subalterno non è necessario. Infatti , se si è in grado di individuare il bene in maniera univoca (ad esempio quando non ci sono più u.i.u. sovrapposte con un’ unica copertura/tetto) si avrà solo il foglio e il mappale.

Qualsiasi unità immobiliare deve essere censita al catasto nel gruppo e nella categoria di competenza e deve essere intestata alla ditta ( persona fisica o giuridica) che ne ha il possesso ( ovvero ad uno o più proprietari che ha/ hanno diritti reali sul bene).

Il catasto dei fabbricati ha individuato 6 gruppi e all’interno di ogni gruppo troviamo le categorie catastali (A/1, A/2, etc…) . 

Ogni categoria rappresenta un’unità immobiliare.

Un appartamento (quindi un bene che ha un proprio foglio, mappale e subalterno), un box ( censito come C/6 con proprio foglio, mappale e subalterno) e una cantina ( censita come C/2 con proprio foglio, mappale e subalterno) soo 3 unità immobiliari urbane.

Viceversa, se nella stessa visura e planimetria catastale viene riportato l’appartamento e il solaio o la cantina, significa che il solaio o la cantina non saranno stati censiti separatamente come C/2 ma saranno stati censiti nel gruppo A insieme all’immobile. Si avrà un solo foglio, mappale e subalterno in comune tra appartamento e cantina o solaio e quindi sarà 1 sola unità immobiliare urbana.

Ecco l’elenco dei gruppi e delle categorie catastali:

IMMOBILI A DESTINAZIONE ORDINARIA

GRUPPO A (Unità immobiliari per uso di abitazioni e assimilabili: la loro consistenza va espressa in vani)

  • A/1 abitazioni di tipo signorile
  • A/2 abitazioni di tipo civile
  • A/3 abitazioni di tipo economico
  • A/4 abitazione di tipo popolare
  • A/5 abitazioni di tipo ultrapopolare
  • A/6 abitazioni di tipo rurale
  • A/7 abitazioni in villini
  • A/8 abitazioni in ville
  • A/9 Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici
  • A/10 uffici e studi privati
  • A/11 Abitazioni o alloggi tipici dei luoghi (trulli, rifugi di montagna, baite, ecc)

GRUPPO B  (Unità immobiliari per uso di alloggi collettivi: la loro consistenza va espressa in metri cubi)

  • B/1 collegi e convitti, educandati, ricoveri, orfanotrofi, ospizi, conventi, seminari, caserme
  • B/2 case di cura ed ospedali
  • B/3 prigioni e riformatori
  • B/4 uffici pubblici
  • B/5 scuole, laboratori scientifici
  • B/6 biblioteche, pinacoteche, musei, gallerie, accademie che non hanno sede negli edifici censiti nella categoria A/9
  • B/7 cappelle e oratori non destinati all’esercizio pubblico del culto
  • B/8 magazzini sotterranei per deposito di derrate

GRUPPO C  (Unità immobiliari a destinazione ordinaria commerciale e varia: la loro consistenza va espressa in metri quadri)

  • C/1 negozi e botteghe
  • C/2 magazzini e locali di deposito
  • C/3 laboratori e locali di deposito
  • C/4 fabbricati per arti e mestieri
  • C/5 stabilimenti balneari e di acque curative
  • C/6 stalle, scuderie, rimesse ed autorimesse
  • C/7 tettoie chiuse o aperte

IMMOBILI A DESTINAZIONE SPECIALE 

GRUPPO D  (Unità immobiliari a destinazione speciale: in genere fabbricati per le speciali esigenze di un’attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione diversa senza radicali trasformazioni)

  • D/1 Opifici
  • D/2 Alberghi e pensioni
  • D/3 Teatri, cinematografi, sale per concerti e spettacoli simili
  • D/4 Case di cura e ospedali
  • D/5 Istituti di credito, cambio e assicurazione
  • D/6 Fabbricato e locali per esercizi sportivi
  • D/7 Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni
  • D/8 Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività commerciale o non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni
  • D/9 Edifici galleggianti o sospesi assicurati a punti fissi del suolo, ponti privati soggetti a pedaggio
  • D/10 Fabbricati per funzioni produttive annesse alle attività agricole

IMMOBILI A DESTINAZIONE PARTICOLARE 

GRUPPO E  (Unità immobiliari a destinazione particolare che, per le singolarità delle loro caratteristiche, non siano raggruppabili in classi)

  • E/1 Abitazioni per servizio di trasporto terrestri, marittimi ed aerei
  • E/2 Ponti comunali e provinciali soggetti a pedaggio
  • E/3 Costruzioni e fabbricati per speciali esigenze pubbliche
  • E/4 Recinti chiusi per speciali esigenze pubbliche
  • E/5 Fabbricati costituenti fortificazioni e loro dipendenze
  • E/6 Fari, semafori, torri per rendere di uso pubblico l’orologio comunale
  • E/7 Fabbricati destinati all’esercizio pubblico di culto
  • E/8 Fabbricati e costruzioni nei cimiteri, esclusi i colombari, i sepolcri e le tombe di famiglia
  • E/9 Edifici a destinazione particolare non compresi nelle categorie precedenti del gruppo

ENTITA’ URBANE

GRUPPO F (Non hanno alcuna rendita catastale)

  • F/1 Area urbana  – Aree di corte urbana che, per qualche motivo non sono legate ad alcuna unità immobiliare appartenente agli altri gruppi
  • F/2 Unità collabenti  -Unità che in parte o in tutto sono inabitabili: unità parzialmente demolite, distrutte, o che, in ogni caso, non producono reddito
  • F/3 Unità in corso di costruzione  – Unità esclusivamente di nuova costruzione per le quali non risulta ancora ultimata la costruzione. E’ fisiologica una permanenza della categoria negli atti catastali non superiore ai sei mesi
  • F/4 Unità in corso di definizione  – Unità non ancora definite. Devono rappresentare uno stadio temporaneo dell”unità immobiliare (non superiore ai sei mesi)
  • F/5 Lastrici solari
  • F/6 Fabbricato in attesa di dichiarazione

 

L’ importanza di saper leggere una visura catastale

In tanti sottovalutano questo documento, che per me e alcuni professionisti del settore, è fondamentale per estrapolare alcuni dati necessari per una compravendita immobiliare.

La visura catastale è quel documento che viene rilasciato dall’Agenzia delle Entrate e che contiene tutti i dati dell’immobile. 

Vedremo oggi tutti gli elementi che compongono una visura catastale di un immobile censito nel catasto fabbricati (eh si, perché il catasto viene suddiviso in catasto terreni e in catasto fabbricati, ma questo è un altro discorso).

Nella prima riga del documento viene riportato il tipo di visura ( visura per soggetto, visura per immobile, visura per indirizzo, etc…) e subito dopo la data in cui la stessa è stata richiesta.

Sotto c’è una tabella contenente:

– foglio: il territorio comunale viene suddiviso in fogli, identificati con numeri arabi;

– particella o mappale: queste due parole sono sinonime e identificano l’unità immobiliare urbana (appartamento, villa, negozio, box);

– subalterno: è la suddivisione della particella.

Se guardando l’immobile dall’alto non si è in grado di identificare in maniera univoca il bene, pertanto oltre alla particella si avrà bisogno anche del subalterno (succede che si avrà il subalterno nel caso di un appartamento sito in una palazzina mentre NON succede nel caso di una villetta a schiera o nel caso di capannone perché in questi ultimi casi il bene è identificabile con visione dall’alto);

zona censuaria: raggruppamento degli immobili in base ad alcune caratteristiche estimative. Alcune volte non viene inserita;

– microzona: sottozona della zona censuaria. Alcune volte non viene inserita;

– categoria catastale: viene identificata con una lettera ed un numero. È un raggruppamento fatto dal catasto che ha suddiviso tutte le unità immobiliari in 6 gruppi identificati: A, B, C, D, E, F.

Se il vostro immobile ha una categoria catastale A/1 significa che è il primo del gruppo A (immobili residenziali e uffici privati);

Per poter capire meglio dove si trova il vostro immobile potete leggere questo articolo ( metti il link sull articolo sulle unità immobiliari)

– classe: è il livello di pregio dell’immobile e nel catasto dei fabbricati varia da 1 sino ad un numero non definito. La classe 1 è il livello più basso;

– consistenza: è l’unità di misura del nostro immobile e cambia in base al gruppo di appartenenza. Nel gruppo A gli immobili hanno una consistenza espressa in vani, nel gruppo B in mc e nel gruppo C in mq. Gli altri gruppi non hanno una consistenza catastale.

Il vano catastale non corrisponde al numero di stanze dell’immobile ma per maggiori informazioni leggi questo articolo ( metti il link sull articolo sulle unità immobiliari);

– superficie catastale: è stata introdotta in visura il 09/11/2015 in base al DPR 138 del 1998 e si suddivide in superficie totale e superficie escluse aree scoperte;

rendita catastale: è il valore che viene preso e utilizzato come base per il pagamento delle imposte di compravendita e per le imposte comunali e varia in base alla categoria del bene, all’ estensione e all’ubicazione;

note: vengono trascritte alcune modifiche che hanno modificato i dati sopradescritti. Esempio: aggiunta in visura della superficie catastale;

Sotto la tabella viene riportato l’indirizzo dell’immobile e il piano del bene e di eventuali pertinenze.

Esempio: piano 2-5 significa che l’immobile è sito al piano secondo e che c’è una pertinenza al piano quinto (un solaio).

Subito sotto viene riportato l’intestatario (o più intestatari) del bene, con il codice fiscale, luogo e data di nascita e la quota di appartenenza sul bene ( quota di proprietà, nuda proprietà, diritto di abitazione, etc…).

La visura catastale vi da, quindi, un quadro quasi completo del bene. Bisogna confrontare i dati catastali ( foglio, mappale e subalterno)  con quanto è stato riportato nell’ultimo atto di acquisto ( atto di compravendita, successione, testamento, etc…).

È necessario verificare che la superficie catastale sia corretta, così come indirizzo e piano del bene.

Bisogna assolutamente verificare che la persona riportata in visura sia la persona che ha facoltà per poter vendere o cedere il diritto. Questo documento è un punto di partenza per poter cedere un immobile.

Come leggere una planimetria in scala

Avete appena acquistato la vostra casa. È quella che avete sempre sognato e la felicita è a mille. La vostra agenzia immobiliare vi ha fornito le visure ipotecarie e catastali,  i titoli abilitativi e la planimetria catastale.

PLANIMETRIA CATASTALE ?!? Come si può utilizzare questa planimetria che non ha alcuna misura?

Ve lo dico subito: a breve potreste ricavare la lunghezza del muro del bagno, capire la superficie della camera da letto e, perché no, fare una bozza della possibile ristrutturazione.

Non è cosi difficile come sembra perché le planimetrie catastali sono in scala!

Prima di entrare nell’argomento capiamo bene che cos’è effettivamente una scala.

Intendiamo per “scala” quel metodo di rappresentazione mediante il quale, riportiamo su di un foglio, il disegno di un oggetto esistente, nella realtà. Esistono scale di riduzione e scale di ingrandimento.

Nelle scale di riduzione, che si utilizzano nell’edilizia, in architettura e nell’arredamento, il foglio è generalmente molto più piccolo rispetto, ad esempio, ad una casa reale.

Per questo quella casa, deve essere ragionevolmente ridotta nelle sue proporzioni, in maniera tale da poter rientrare nello stesso foglio. La scala che noi utilizziamo dunque, non fa altro che dividere una certa misura reale per un numero o fattore.

Esempio

SCALA 1:100

Per la scala 1:100 si ha che 1 cm misurato con il righello nella planimetria, equivale a 100 centimetri ( 1 metro ovvero 100 centimetri) nella realtà.

Viceversa 10 metri misurati nella realtà corrispondono a 0,1 metri nella planimetria ( 10 metri diviso 100, che è la scala di rappresentazione 1:100 e quindi corrispondono a 10 centimetri)

SCALA 1:50

Per la scala 1:50 si ha che 1 cm misurato con il righello nella planimetria, equivale a 50 centimetri nella realtà ( 0,5 metri ovvero 50 centimetri).

Viceversa 10 metri misurati nella realtà corrispondono a 0,2 metri nella planimetria ( 10 metri diviso 50 e quindi 20 cm).

Le planimetrie catastali in genere hanno una scala di 1:100 o 1:200.

E ora tocca a noi: misuriamo la nostra planimetria catastale.

Prendete la planimetria e iniziate a ricavare delle misure.  Supponiamo che il muro misurato abbia una lunghezza nella carta di 5 centimetri e che la scala di rappresentazione sia 1:200.

Per risalire alla misura reale del segmento misurato devo fare una moltiplicazione:

Misura squadretta × valore scala = misura reale

In numeri:  5 cm × 200 = 1.000 cm ( che corrispondono a 10 metri).

Abbiamo visto come leggere correttamente un disegno in scala.

Ricorda:  assicurati sempre che il tuo disegno sia davvero in scala prima di iniziare a convertire le misure.