Ricordiamo che quella di agente immobiliare è una particolare categoria di agenti di affari in mediazione che – oltre che nel codice civile – trova una propria disciplina nella legge n. 39 del 1989 e nelle successive norme integrative della stessa.
Bisogna tenere conto che la responsabilità dell’agente immobiliare non è solamente quella inerente alle conseguenze derivanti dalla conclusione di un affare, ma anche quella riconducibile alla mancata conclusione di un accordo in virtù del proprio operato.
Di ambedue questi casi, nella sostanza, si occupa il primo comma dell’art. 1759 del codice civile, a mente del quale il mediatore (e quindi nello specifico anche l’agente immobiliare) è tenuto a comunicare alle parti «le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, che possono influire sulla conclusione di esso». Ovviamente, la norma può trovare applicazione sia nelle ipotesi in cui l’affare si è concluso , che nella circostanza opposta, ovvero quando l’affare non si è concretizzato.
Ciò che l’agente immobiliare deve comunicare sono tutte le circostanze in grado d’influire sulla valutazione e sulla sicurezza dell’affare.
Cosa s’intende per valutazione e sicurezza dell’affare?
Se si sta vendendo un terreno che sarà oggetto di parziale futura espropriazione in ragione della realizzazione in zona di un’opera pubblica, è ovvio che tale circostanza debba essere comunicata. Se in un’abitazione la veranda presente non è stata oggetto di condono, è evidente che il potenziale acquirente debba essere messo a conoscenza del fatto; idem per ciò che concerne la esistenza – o meno – del certificato di agibilità.
Condizione essenziale per il rimprovero – inteso nel senso giuridico del termine – dell’agente immobiliare è che le circostanze non comunicate siano a lui note.
La notorietà delle circostanze è quindi dirimente ai fini della possibile valutazione della responsabilità dell’agente immobiliare.
Quando un elemento inerente all’affare può dirsi noto all’agente immobiliare? Evidentemente quando si può dare prova che lo stesso ne avesse conoscenza. Fino a che punto ci si può spingere nel rimproverargli che ne avrebbe comunque potuto avere conoscenza? Detta diversamente: quale è la misura della diligenza da richiedere all’agente immobiliare e quindi che si andrà a valutare nel caso di controversia?
La giurisprudenza ci informa che è stata affermata la responsabilità del mediatore in ragione dell’omessa «informazione del promissario acquirente sull’esistenza di una irregolarità urbanistica non ancora sanata relativa all’immobile oggetto della promessa di vendita, della quale il mediatore stesso doveva e poteva essere edotto, in quanto agevolmente desumibile dal riscontro tra la descrizione dell’immobile contenuta nell’atto di provenienza e lo stato effettivo dei luoghi» (Cass. 16 luglio 2010 n. 16623). Tale circostanza, si legge nella sentenza appena citata , legittima il promissario acquirente a non versare la provvigione che sarebbe spettata al mediatore. Il principio va ovviamente applicato guardando il caso specifico: difficile poter ipotizzare una esclusiva responsabilità del mediatore laddove la difformità urbanistica sia tale da potere essere conosciuta anche da un compratore non esperto.
In ogni caso ciò non esime il mediatore dal reperimento di tutte le informazioni utili nell’ottica dell’affare.
È stato poi anche affermata la responsabilità del mediatore che non ha comunicato alle parti l’esistenza di iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli per l’affare (Cass. 14 luglio 2009 n. 16382), sebbene tale conclusione sia tutt’altro che unanime (Cass. 7 luglio 2009 n. 15926).